GLI SCENARI STIMATI SULLA BASE DEI DATI DEL CENTRO STUDI E RICERCHE DI ITINERARI PREVIDENZIALI

Beni e servizi a misura degli over

Sono oltre 27 milioni i residenti in Italia che hanno almeno 50 anni, di questi oltre 14 milioni hanno 65 anni e più. Nel 1992 questi valori erano, rispettivamente, pari a 19 milioni 177 mila e 8 milioni 780 mila. Nell’arco di trent’anni la popolazione con 50 e più anni si è, dunque, accresciuta di oltre 8 milioni di unità e la sua componente più matura è aumentata di oltre 5 milioni. Peraltro, nei prossimi trent’anni la percentuale di ultra 65enni aumenterà di undici punti percentuali e il rapporto tra la loro consistenza numerica e quella dei ragazzi meno che quindicenni raddoppierà. Di conseguenza, istituzioni e imprese rivolgono una sempre maggiore attenzione nella produzione di beni e nell’erogazione di servizi destinati a questa nuova grande economia, che ruota attorno ai consumi e ai bisogni della popolazione più avanti con l’età. Ma c’è il risvolto della medaglia: l’invecchiamento della popolazione comporta un incremento nella spesa pensionistica, sanitaria e assistenziale. Sono gli scenari delineati dalla terza edizione del paper “Silver Economy, la grande economia del prossimo decennio” curato dal centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali. Come rilevano gli analisti, negli ultimi dieci anni il segmento di mercato ha assunto una notevole importanza tale da condizionare e orientare molte attività economiche, produttive e sociali proprio per l’elevato numero di persone che formano la popolazione definita “silver”, ossia dai capelli che via via assumono i colori dell’argento. L’Italia, nonostante sia tra i Paesi più “vecchi” al mondo, non ha ancora intrapreso alcuna iniziativa pubblica per consentire di vivere e superare con soddisfazione la più grande transizione demografica di tutti i tempi che ormai è già alle porte e poco ha fatto il “mercato”. Peraltro, il tema è al centro anche dell’interesse delle Nazioni Unite che, sia attraverso la proclamazione del 2021-2030 come “The United Nations decade of healthy ageing”, sia attraverso l’Agenda 2030, dedica grande attenzione al concetto di invecchiamento attivo. Benché non ve ne sia uno specificatamente destinato ai silver, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, equo e inclusivo che riguardano in maniera diretta il benessere della fascia più anziana della popolazione sono 9 su 17 (sconfiggere la povertà, sconfiggere la fame, salute e benessere, istruzione di qualità, parità di genere, imprese innovazione e infrastrutture, ridurre le disuguaglianze, città e comunità sostenibili, pace, giustizia e istituzioni solide).

I trend demografici. Se l’invecchiamento della popolazione è in atto da diversi decenni nella maggior parte dei paesi più sviluppati, l’Italia rappresenta lo stato europeo che risente maggiormente del fenomeno. Attualmente gli over 50 rappresentano il 46,84% del totale della popolazione, solo vent’anni fa erano pari al 37%. Considerando le percentuali di popolazione di età compresa tra i 50 e 64 anni, gli ultra 65enni e gli ultra 80enni sul totale della popolazione nel 2022, l’Italia è al primo posto in tutte e tre le graduatorie con percentuali che si attestano, rispettivamente, al 23%, al 23,8% e al 7,6% contro medie europee di 21%, 21,1% e 6,1%. Inoltre, l’indice di vecchiaia, dato dal rapporto tra over 65 e under 15, al 1° gennaio 2022 è pari al 187,9%, il che significa che ci sono circa 188 over 65 ogni 100 under 15, percentuale che, in previsione, al 1° gennaio 2050 si stima salga fino al 300%, ossia 3 anziani per ogni giovane.

Gli impatti sul sistema di welfare. L’invecchiamento della popolazione comporta un incremento nella spesa pensionistica, sanitaria e assistenziale. Come si legge nel paper, la spesa per pensioni nel 2021 è stata pari a 278,499 miliardi di euro e si compone di 238,271 miliardi di prestazioni pensionistiche, con un’incidenza sul Pil pari al 13,42%. Sul fronte privato, invece, la spesa per la previdenza complementare, intesa come contributi versati, nel 2021 è stata pari a 17,6 miliardi di euro da 8,771 milioni di iscritti: rispetto alla forza lavoro, il tasso di copertura si attesta al 34,7%, valore che indica un ampio margine di sviluppo del settore. La spesa sanitaria pubblica nel 2021 è stata pari a 127,834 miliardi di euro, con un’incidenza del 7,2% sul Pil e del 12,97% sulla spesa pubblica, tra il 2013 e il 2021 tale spesa è aumentata del 16,62%. Considerando i gravi problemi di finanza pubblica e l’ingente debito statale, a giudizio degli esperti diviene indispensabile una forte collaborazione tra pubblico e privato con ampi margini di intervento per gli attori privati che operano in questo ambito.

La non autosufficienza. Un’aspettativa di vita lunga, ma spesso non in buona salute, ha un impatto economico e sociale notevole sia sulle finanze pubbliche sia sulle famiglie. Come evidenziano gli analisti, si sta ampliando il fenomeno della non autosufficienza, importante indicatore della mancanza di prevenzione, di adozione di stili di vita, sia fisici sia intellettuali, propedeutici a una terza e quarta età in buona salute e di esercizi culturali per un invecchiamento mentale attivo. Sono questi alcuni dei principali settori economici della silver economy. In tale contesto, il 44,2% delle persone over 65 con gravi difficoltà dichiara di non avere adeguati ausili o assistenza. In prospettiva, il numero di non autosufficienti crescerà inevitabilmente, anche se tale aumento potrà essere contenuto con interventi attivi non solo nel comparto delle residenze sanitarie assistite ma anche della robotica e della tecnologia, grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale e della telemedicina. Il Belpaese risulta ancora carente di un modello pubblico adeguato alla gestione della non autosufficienza, in grado di conciliare adeguatamente l’erogazione di prestazioni monetarie con una vera e propria presa in carico del soggetto. Pertanto, il mercato privato, con riferimento ai fondi immobiliari specializzati nelle Rsa, ai fondi di private equity e soprattutto alle compagnie di assicurazione, ha enormi margini di sviluppo e intervento.

La ricchezza . Nel rapporto si rileva che i redditi degli over 65, tra prestazioni previdenziali e da lavoro, sono pari ad almeno un terzo dei redditi totali annui, pur essendo solo il 23,5% della popolazione totale. Peraltro, gli ultra 65enni hanno risentito meno di ogni altra fascia d’età della popolazione degli effetti economici legati alla pandemia e la loro situazione economica e patrimoniale è addirittura migliorata rispetto alle altre classi d’età. Si tratta, quindi, di un’importante patrimonializzazione che nei prossimi 20/25 anni verrà in parte destinata a incrementare, nel corso della loro vita, i volumi dei consumi dei silver e per una consistente parte verrà trasferita a figli o parenti che sono per la maggior parte gli over 40 di oggi e che diventeranno progressivamente gli over 65 dal 2045 in poi, incrementando ulteriormente il valore complessivo della silver economy italiana.

Sempre più “single”. Il 30,52% degli ultra 65enni vive solo in una famiglia mononucleare, il 42,1% vive in coppia senza figli, solo il 12,8% vive con i propri figli mentre i nuclei monogenitore con figli sono il 6,7%. Le tendenze di breve e medio periodo mostrano un progressivo incremento percentuale delle persone sole che salirà al 31,2% nel 2030 e al 32,7% nel 2040, ciò significa che tra meno di vent’anni un silver su tre vivrà da solo con tutto ciò che comporta in termini di risparmio, assicurazioni, consumi, stili di vita, abitazioni. Inoltre, gli over 65 sono, e saranno, prevalentemente donne; l’80% vive in case di proprietà e, addirittura, il 60% ha una casa grande con almeno 4 stanze, con spazi eccessivi difficili da gestire e che il più delle volte necessitano di una ristrutturazione per consentire di svolgere più comodamente le attività giornaliere. In tale contesto, i silver sono e saranno grandi consumatori di domotica e di attrezzature specifiche per la casa per poter svolgere in autonomia le attività principali della vita quotidiana. Inoltre, utilizzano sempre più la tecnologia, smartphone, pc, tablet, internet e social network per comunicare e per organizzare al meglio la giornata. Alcuni continuano a svolgere attività lavorativa a tempo pieno o parziale, anche dopo il pensionamento, altri si dedicano al volontariato.

Articolo di Antonio Longo

Fonte: Italia7 – 24/07/2023

two women and man walking in the street during daytime

ASSISTENZA DI LUNGO PERIODO

La polizza Long Term Care (LTC) riduce i costi della non autosufficienza

Insieme alla prospettiva di vita aumenta anche il rischio di non autosufficienza

Perché è importante prendere in considerazione una polizza Long Term Care? Secondo i dati Istat la prospettiva di vita per un 65-enne è salita a 20 anni e 7 mesi, 5 mesi in più rispetto al 2013. Sempre secondo i dati Istat, attualmente le persone con più di 65 anni costituiscono il 21,4 per cento della popolazione italiana e di queste più di 2,5 milioni sono non autosufficienti. Entro il 2050 si prevede che la popolazione over 65 sarà all’incirca 1/3 dell’intera popolazione mentre gli over 85 passeranno da 1,7 milioni a 6 milioni nel 2060.

Oltre il 18% delle persone con più di 65 anni è non autosufficiente.

Si prevede che, stando così le cose, le persone bisognose di assistenza di lungo periodo aumenteranno in maniera esponenziale e che, a meno che lo Stato non attui riforme importanti sulla parte di welfare che riguarda la long term care, sempre più famiglie dovranno farsi carico di un familiare non autosufficiente.

Già oggi, in Italia, sono almeno 1 milione le persone, i cosiddetti care giver, che si prendono cura di parenti non più autosufficienti, dedicando loro buona parte del loro tempo e spesso mettendo anche a repentaglio la propria sicurezza economica. Stando alle stime del Censis, infatti, sono oltre 561 mila le famiglie che, per pagare l’assistenza a un familiare non autosufficiente, hanno dovuto erodere i propri risparmi, vendere l’abitazione o addirittura indebitarsi.

Quanto costa la non autosufficienza?

Nel momento in cui una persona perde la propria autosufficienza, i familiari su trovano davanti a 3 possibilità:

  • ricorrere ai servizi di assistenza continuativa per long term care (LTC) pubblici o privati, le cosiddette residenze sanitarie assistenziali (RSA);
  • ricorrere all’aiuto delle assistenti familiari (le cosiddette badanti);
  • prendersi cura in prima persona del familiare non autosufficiente, assumendo il ruolo di caregiver familiare.

Ognuna di queste soluzioni ha però un rovescio della medaglia piuttosto pesante:

  • le residenze sanitarie assistenziali hanno rette che si aggirano in media sui 3.000 euro al mese e sono suddivise in quota sanitaria (generalmente il 50% dell’intero) a carico del sistema sanitario regionale e quota sociale o alberghiera (l’altro 50%) a carico dell’assistito, con un eventuale contributo del Comune;
  • il costo medio di una badante regolarmente assunta si aggira sui 18.000 euro all’anno e comporta comunque una compartecipazione dei familiari all’assistenza per far fronte ai giorni di riposo e al periodo di ferie dovuti;
  • prendersi cura personalmente di un familiare non autosufficiente spesso vuol dire rinunciare al proprio lavoro, con conseguenze economiche che possono essere anche pesanti. Inoltre richiede di stravolgere pesantemente la propria vita e questo può avere conseguenze pesanti anche sul piano psicologico.

Come ridurre i costi della non autosufficienza – La polizza Long Term Care (LTC)

La volontà da parte del Governo di riconoscere un sostegno economico al caregiver familiare è una ulteriore conferma che il carico dell’assistenza di una persona non autosufficiente è demandato in buona parte alle famiglie, che saranno sempre più costrette ad assumerlo in prima persona, soprattutto in assenza di risorse economiche sufficienti per delegarlo a badanti e RSA.

In Italia, sebbene sia molto forte la cultura dell’assistenza familiare, è ancora poco sviluppata l’attitudine a creare per tempo le condizioni economiche che permettano di far fronte a problemi come la disabilità e la non autosufficienza e, in tal senso, non esistono neppure normative che stimolino le famiglie a dotarsi di paracadute adeguati.

In Germania, ad esempio, già dal  1995 è stato istituito l’obbligo di stipulare una assicurazione sulla non autosufficienza, o polizza long term care, proprio per evitare che le famiglie possano trovarsi in gravi difficoltà economiche se dovessero farsi carico di una persona non autosufficiente o disabile.

La polizza Long Term Care è una polizza che eroga una rendita mensile per tutto il tempo in cui l’assicurato si trova in una condizione di non autosufficienza, quindi anche per tutta la vita.

La rendita mensile, generalmente, viene definita al momento della sottoscrizione della polizza e il premio annuale dipende sia dall’età dell’assicurato che dalla rendita stabilita.

Solitamente si cerca si cerca di costruire una rendita fra i 500 e i 2.500 euro al mese, in modo da disporre di una somma che permetta di pagare una parte consistente della retta di una RSA o del costo di una assistente domiciliare.

Cosa copre e quali sono le limitazioni di una polizza Long Term Care

Per capire cosa copre una polizza LTC partiamo dalla definizione di autosufficienza usata in campo assicurativo: una persona è autosufficiente se riesce a svolgere autonomamente le principali attività quotidiane o activities of daily living (ADL): lavarsi, vestirsi e svestirsi, andare al bagno ed usarlo, spostarsi, avere la capacità di controllare le proprie funzioni corporali, alimentarsi. La maggior parte delle polizze LTC paga l’indennità alla perdita di un certo numero di ADL, ad esempio 4 su 6 oppure in caso di malattia mentale invalidante quale l’Alzheimer.

Ovviamente anche la polizza LTC ha dei limiti e delle esclusioni, ad esempio l’età massima per la sottoscrizione (solitamente non oltre i 60-65 anni), il periodo di carenza per la non autosufficienza derivante da malattia o malattia mentale o dovuta a condizioni preesistenti alla sottoscrizione del contratto, esclusione di condizioni specifiche.

La polizza Long Term Care solitamente paga la rendita indipendentemente dal tipo di assistenza richiesto ma esistono anche polizze LTC che differenziano l’erogazione in funzione del tipo di cure necessarie. In alcuni casi potrebbe essere prevista anche una graduazione dell’indennità in funzione del numero di ADL perse.

Ovviamente, minori sono le restrizioni, migliore è la copertura.

Quanto costa sottoscrivere una polizza Long Term Care

Come abbiamo scritto altre volte, assicurarsi vuol dire trasferire un rischio al quale riteniamo di essere esposti da noi ad una compagnia, che se ne assume il carico a fronte del pagamento di un premio, permettendoci di liberare risorse economiche.

Nel caso di una polizza LTC, questo concetto è molto evidente perché, a fronte di un premio molto contenuto, la polizza LTC ci preserva dall’affrontare spese che potrebbero rivelarsi insostenibili per la nostra situazione economica e che sarebbero comunque nettamente superiori al premio versato.

Per capire ancora meglio questo concetto, basti pensare che un uomo di 30 anni può garantirsi una rendita vitalizia di 2.500 euro al mese con soli 18 euro al mese e che, con una cifra pressoché simile, una donna di 55 può garantirsi una rendita vitalizia di 1.000 euro al mese.

Con soli 18 euro al mese un uomo di 30 anni può garantirsi una rendita mensile di 2.500 euro in caso di non autosufficienza.

Da questi due esempi è facile dedurre che più una persona è giovane e maggiore sarà la rendita di cui potrà beneficiare a parità di premio.

Inoltre, la polizza LTC è una delle poche polizze che ancora beneficia della detrazione d’imposta del 19% sui premi versati con il massimo di 1.291 euro all’anno.

Luisa Rosini