CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 31062 depositata il 4 dicembre 2024
Tributi – Violazione per illegittima detrazione IVA – Dichiarazione IVA con imposta inferiore a quella dovuta – PVC – Rinvio a nuovo ruolo
Rilevato che
1. Emerge dalla sentenza in epigrafe che Fe.Ma. era attinto da “provvedimento di irrogazione delle sanzioni n. (…)/2019 – avente ad oggetto la violazione per illegittima detrazione IVA e per dichiarazione IVA con imposta inferiore a quella dovuta relativa all’anno d’imposta 2013 di Euro 511.176,56 (emesso a seguito dell’atto di contestazione n. T9DC02I02155/2018)”; più in particolare, “il provvedimento di sanzioni impugnato muove da PVC del 02.02.2018 effettuato dalla Direzione Centrale Audit-Area Sud della stessa Agenzia delle Entrate a seguito di un accesso eseguito presso lo studio del Dr. Fe.Ma. circa il ‘controllo sul(l’)osservazione degli obblighi normativi’ a suo carico, terminato con atto di contestazione n. (…)/2018”, “quale professionista” – giusta quanto questa vola riferisce al riguardo il ricorso per cassazione – “che svolgeva attività di asseverazione di crediti risultanti dalla dichiarazione IVA, terminato con (il suddetto) atto di contestazione”.
2. Il contribuente proponeva impugnazione, “motivata” – come nuovamente da sentenza in epigrafe – “dalla sua estraneità alla frode (anche in considerazione dell’assenza assenza di un suo profitto economico) e dunque alla violazione accertata dall’Agenzia delle Entrate (oggi appellata) in quanto ascrivibile esclusivamente alle società coinvolte (e precisamente ‘C.F.M Srl’, ‘A. Srl’ e ‘S. Srl’).
La motivazione del predetto ricorso di primo grado (de)duceva… una violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano la responsabilità del professionista in merito al visto di conformità necessario per la presentazione delle dichiarazioni e scritture contabili(;) precisamene è stata eccepita in primo grado la nullità dell’atto impugnato per falsa ed erronea applicazione dell’articolo 35, comma 1, lettere a)(,) del D.Lgs. 241/97, per illegittima contestazione del presunto comportamento doloso a carico del ricorrente e per falsa applicazione dell’articolo 9 del D.Lgs. 472/97(,) nonché per violazione dell’articolo 7 del D.Lgs. 269/2003″. (ndr articolo 7 del D.L. 269/2003)
2.1. Con sentenza n. 1014/23/2020 pronunciata in data 02.12.2019 e depositata in data 29.05.2020, la CTP di Milano rigettava il ricorso.
3. Il contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Va evidenziato che nel caso di specie il dott. Fe.Ma. appare coinvolto in un’operazione fraudolenta posta in essere dalla società mandante.
(In t)ale operazione, come emerge dal PVC e dalle risultanze processuali, il dott. Fe.Ma. ha apposto visto sul documento recante il quadro VF della dichiarazione IVA presentata in data 28 marzo 2014; il documento risultava volutamente “gonfiato” con l’intento di fondare un credito fittizio da usare in compensazione.
È altresì emerso che il professionista ha partecipato alla condotta tenuta in sede contabile e dichiarativa da parte della società C. Srl in liquidazione, dolosamente volta all’indebita detrazione IVA, sia apponendo il visto come anzidetto, sia in sede di controllo e omettendo di esibire le fatture richieste e, infine, con la presentazione della dichiarazione conosciuta come falsa.
Con riferimento ai motivi di appello, si rileva che con sent. n. 23522/2014, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità solidale del professionista che sia concorso nell’illecito.
Alla luce di tale principio va affrontata congiuntamente alla prima doglianza anche la seconda, con cui l’appellante denuncia anche la violazione dell’art. 7 D.Lgs. n. 472/1997.
Ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. n. 472/1997, le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.
Tuttavia, il richiamo appare inconferente, perché la norma si riferisce alle condotte dei rappresentanti ovvero degli amministratori, svolgendo la funzione di escludere una “doppia imputazione” della sanzione al rappresentato e al rappresentante (che agisce nell’interesse dell’ente, oltreché in nome e per conto).
Risulta quindi legittimo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni.
4. Propone ricorso per cassazione il contribuente con un motivo.
Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il contribuente deposita memoria illustrativa datata 6 giugno 2024 in cui ribadisce le proprie ragioni, anche in chiave di replica alle prospettazioni agenziali.
Considerato che
1. Preliminarmente deve darsi atto che, con istanza telematica del 9 settembre 2024, il difensore del contribuente chiede dichiararsi l’estinzione del giudizio, a seguito di “effettivo perfezionamento di definizione agevolata”, rappresentando quanto segue:
Il Sig. Fe.Ma. ha presentato alla Agenzia delle Entrate Riscossione in data 29 giugno 2023 nelle modalità e nei termini previsti dall’art. 1 commi da 231 a 252 della L. 197/2022 (c.d. Rottamazione – quater) istanza di definizione agevolata dei carichi relativi a tutte le sanzioni oggetto della presente lite, che risultavano assegnate in carico all’Agente della Riscossione (all. 1 e 2), a seguito dell’esito negativo del giudizio di secondo grado, avente ad oggetto l’atto di irrogazione delle sanzioni medesime.
In tale dichiarazione, lo stesso ha assunto l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi ad oggetto i carichi a cui si riferiva la suddetta dichiarazione, tra quali rientra il presente giudizio.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’Agenzia delle Entrate hanno accolto la suddetta istanza di definizione agevolata dei suddetti carichi (relativi alle sanzioni oggetto del presente giudizio pendente in Cassazione) ed essi sono stati integralmente annullati e dichiarate non più dovute le somme richieste con l’atto di irrogazione di sanzioni oggetto del presente giudizio, come risulta dall’estratto allegato (all. 3).
2. L’istanza non può trovare accoglimento, in quanto, incombendo sul contribuente di documentare i presupposti di fatto dell’invocata estinzione, estratto allegato (all. 3)” non reca affatto, come in essa sostenuto, l’integrale annullamento e la dichiarazione di non debenza delle somme richieste con gli atti impugnati, consistendo in un mero conteggio, peraltro anteriore all’istanza stessa (cfr. all. 1), delle somme da corrispondere ai fini della cd. rottamazione, senza alcuna evidenza dell’effettuato versamento.
3. A fronte di ciò, con l’unico motivo di ricorso si denuncia: “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del D.L. 269/2003 e dell’art. 9 del D.Lgs. 472/1997, in relazione all’articolo 360, n. 3), cod. proc. civ.”.
3.1. (L)e sanzioni amministrative tributarie gravano esclusivamente sulla persona giuridica contribuente che ha commesso l’illecita detrazione dell’IVA, con esclusione della responsabilità personale non solo dei suoi amministratori e dipendenti (che abbiano commesso nella predetta qualità con colpa l’indebita detrazione per conto della predetta società), ma anche della
responsabilità a titolo concorsuale di eventuali persone fisiche (come il professionista incaricato del visto di conformità) che abbiano concorso dall’esterno con colpa alla commissione dell’illecito da parte della società, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto organico tra le medesime persone e la società di capitali in questione, non applicandosi per gli illeciti tributari amministrativi delle persone giuridiche neanche la norma sul concorso dell’extraneus’ di cui all’art 9. del D.Lgs. 472/1997″. “
Viene fatto salvo il solo caso particolare della mera ‘società schermo, che venga utilizzata come interposto fittizio dalla persona fisica agente.
Ma non è certamente questo il caso (di) cui si verte nel presente giudizio. Infatti nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate non ha imputato al ricorrente la sanzione amministrativa pecuniaria di indebita detrazione dell’IVA della C. Srl al ricorrente persona fisica per aver egli agito al fine di perseguire un interesse suo proprio o un arricchimento personale (ossia per essersi egli appropriato della Iva indebitamente detratta dalla C. Srl) o per essersi egli servito della C. Srl quale suo mero interposto fittizio (per conseguire un suo vantaggio fiscale personale consistente nella indebita appropriazione dell’iva indebitamente detrattata dalla C. Srl), ma per il diverso motivo di aver egli concorso, con il suo visto di conformità, alla indebita detrazione dell’IVA posta in essere dalla C. Srl nell’ambito della sua autonoma attività economica d’impresa ed a suo esclusivo vantaggio economico”.
“Infine, si fa presente, che il legislatore ha previsto per la apposizione di un visto di conformità che si assume ‘negligente’ una sanzione amministrativa tipica, che già colpisce in modo autonomo la erronea asseverazione dei crediti IVA.
Tale sanzione non consiste, come è noto, nella responsabilità solidale del professionista attestatore nella sanzione per la indebita detrazione dell’IVA realizzata dalla società contribuente (e/o nell’indebito rimborso dell’IVA e/o nella indebita compensazione dell’IVA), ma in una sanzione propria pecuniaria ed in una sanzione interdittiva! Tale sanzione propria, nel caso in esame, è già stata irrogata al ricorrente con un separato atto, che è stato impugnato nelle sedi opportune ed è tutt’ora ‘sub judice’ presso il TAR (per quanto riguarda l’interdittiva)”.
4. Ritiene il Collegio che il “thema” involto dal motivo, impingendo sui presupposti per la configurabilità del concorso dell’extraneus” ex art. 9 D.Lgs. n. 472 del 1997, su cui si registrano orientamenti non perfettamente omogenei nella giurisprudenza di questa S.C., meriti di essere discusso in pubblica udienza, nel pieno contraddittorio delle parti e con l’ausilio derivante dalla partecipazione del Pubblico Ministero.
4.1. In particolare – maturatosi, da ultimo, di per sé evolutivamente rispetto a pur recenti arresti (Sez. 5, n. 9448 del 22/05/2020, Rv. 657722-01), l’insegnamento secondo cui “la riferibilità delle sanzioni tributarie alla sola persona giuridica, ex art. 7 del D.L. n. 269 del 2003, conv. con modif. dalla L. n. 326 del 2003, non comporta alcuna deroga al principio della responsabilità concorsuale dell’estraneo (segnatamente, quale professionista), ex art. 9 del D.Lgs. n. 472 del 1997, per l’illecito imputabile alla medesima persona giuridica in conseguenza della condotta materialmente realizzata dall’intraneo, dovendo rispondere l’estraneo, in ragione del concorso, per una condotta sua propria, ancorché atipica, causalmente orientata alla violazione” (Sez. 5, n. 21092 del 29/07/2024, Rv. 672912-01) – pare emergere – pure in seno ad esso – una certa qual diversità di accenti in ordine al grado di coinvolgimento dell’extraneus“, specie se professionista, nell’illecito. 4.1.1. Un’opinione sostiene che l’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, contemplando il concorso di persone, recepisce, per quanto già rilevato, i principi fissati in materia dal codice penale, rendendo così applicabile la sanzione non soltanto all’autore, o ai coautori, della violazione tributaria, ma anche a coloro che abbiano comunque dato un contributo causale, anche se esclusivamente sul piano psichico.
Di conseguenza la sanzione è applicabile a tutti coloro che abbiano offerto un contributo alla realizzazione dell’illecito tributario, concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei quali l’evento punito costituisce il risultato e sempre che sussista nei singoli partecipi la consapevolezza del collegamento finalistico dei vari atti, cioè la coscienza e volontà di portare un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito tributario (Sez. 5, n. 20823 del 26/03/2024, par. 3.8, pp. 10 s.).
Nella medesima linea si afferma che, nel recepire i principi fissati in ambito penale, l’art. 9 del D.Lgs. n. 472 del 1997 rende applicabile la sanzione non soltanto all’autore, o ai coautori, della violazione tributaria, ma anche a coloro che vi abbiano comunque dato un contributo causale, anche se esclusivamente sul piano psichico (Sez. 5, n. 21222 del 26/03/2024, par. 5, p. 20), atteso che (l’art. 9 D.Lgs. n. 472 del 1997) rende applicabile la sanzione a tutti coloro che offrono un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito tributario, ivi compresi i soggetti che apportano un contributo comunque agevolatore (quindi un contributo atipico non conforme alla fattispecie punitiva) rispetto alla realizzazione collettiva dell’illecito tributario (ivi, par. 4.17, p. 18).
Pertanto, in definitiva, il governo del concorso è affidato esclusivamente alle regole del concorso, non essendovi ragione di eterointegrazioni pretorie, che non trovano radicamento nella lezione letterale dell’art. 9 D.Lgs. n. 472 del 1997 e, per quanto di ragione, dell’art. 110 cod. pen.
Ciò comporta che, sul piano oggettivo, ossia della “materialità” dell’illecito in sé e per sé considerato, il concorrente (esterno) risponde per il contributo anche solo agevolativo offerto, secondo la costruzione della “causalità concorsuale” ormai condivisa (pur in diverse declinazioni) nella teorica del concorso penalistico; sul piano soggettivo, ossia dell’indice “psicologico”, o “umano”, di ascrizione, egli risponde in funzione del criterio della “coscienza e volontà”, “dolosa o colposa”, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 472 del 1997 (Sez. 5, n. 21092 del 2024, cit., par. 11.6, pp. 16 s). 4.1.2.
Altra opinione esprime l’avviso secondo cui, in coerenza alle finalità intrinseche dell’art. 7 cit., il concorso deve afferire ad un soggetto terzo, a sua volta autonomo centro di imputazione di interessi, a cui sia addebitabile il comune interesse nella condotta illecita, per il perseguimento di suoi “specifici” vantaggi, distinti cioè da quelli della società contribuente.
Diversamente, la fattispecie deve necessariamente ricondursi nell’alveo dell’art. 7 del D.L. 269 del 2003.
L’autonomo e distinto beneficio che il terzo deve conseguire, perché possa anch’egli risponderne per concorso, è infatti necessario requisito per la verifica di compatibilità della disciplina introdotta dal d.lgv. n. 472 del 1997 con la regola dell’art. 7, cit., così come previsto dal comma 3 della suddetta norma.
D’altronde la stessa relazione di accompagnamento al D.L. n. 269 del 2003 precisa che lo scopo dell’art. 7 è quello di superare, almeno per le strutture imprenditoriali complesse e dotate di personalità giuridica, il sistema personalistico, cui era ispirato il modello del d.lgv. n. 472 cit., nel quale la posizione del contribuente (ossia la società beneficiaria del vantaggio economico della condotta
contestata) risultava sotto il profilo concettuale nettamente separata da quella dell’autore materiale della violazione (al quale erano imputate le sanzioni previste a fronte dell’illecito).
Pertanto, per riconoscere l’applicabilità dell’art. 9 della disciplina del 1997, è necessario che il concorrente, prevalentemente persona fisica, sia identificabile con un soggetto giuridico, il quale tenga una condotta finalizzata al raggiungimento di un autonomo beneficio, non essendovi altrimenti ragione per distinguerlo dalla fattispecie normativa introdotta per esonerare dalla sanzione colui che abbia tenuto una condotta diretta al conseguimento di benefici per la sola società.
Sotto questo aspetto, considerando ad esempio proprio il consulente della società, tale vantaggio non può identificarsi nel compenso professionale percepito, anch’esso inquadrabile in una condotta esclusivamente finalizzata a conseguire benefici per la società, ma deve trattarsi di un “quid pluris “, cioè di benefici che vadano ben oltre il corrispettivo della propria prestazione, traducendosi in altri termini non già in una mera prestazione al servizio di un committente, ma in una diretta e comune finalità di concorso nell’attuazione di condotte soggettivamente intese a ottenere vantaggi economici non spettanti, mediante il compimento di illeciti fiscali.
Occorre, in altri termini, che il consulente non si sia limitato a svolgere le sue tipiche funzioni professionali, ma, attraverso le sue capacità tecniche, abbia condiviso, o coinvolto, la società nel compimento di condotte illecite, tese a ottenere vantaggi economici non spettanti.
Ci si trova in questi casi dinanzi a soggetti che non si pongono in posizione di sovra ordinazione (come la società con il suo dipendente o con il suo amministratore) oppure in posizione di mera collaborazione professionale (come il consulente rispetto alla società committente), ma a soggetti in posizione di equi ordinazione, indipendenti e volitivamente preordinati al perseguimento di benefici mediante condotte illecite… (Sez. 5, n. 23229 del 26/03/2024, “Ragioni della decisone”, pp. 12 s.) 4.2. Come anticipato, ad avviso del Collegio, le diverse sensibilità sottese agli argomenti che ne occupano suggeriscono un approfondimento in pubblica udienza.
Donde la necessità di un rinvio della causa a nuovo ruolo.
P.Q.M.
Rinvia a nuovo ruolo, ai fini della trattazione in pubblica udienza.